Descrizione della tappa
Lasciati alle spalle gli oliveti di Collepardo ci si addentra nella selva d’Ecio, un bosco che oggi è diventato di proprietà demaniale ma che per secoli è stato gestito dalla vicina Certosa di Trisulti. I cerri e i castagni presenti sono il chiaro segno dell'opera di addomesticamento della selva di epoca tardo medievale. La selva d'Ecio divenne parte del patrimonio fondiario del monastero intorno all'anno Mille, grazie ad alcuni lasciti fatti dai nobili di Vico e Collepardo. Ma nel XIII secolo, l’aumento della popolazione, il bisogno di espandere pascolo e coltivi spinse gli abitanti delle due comunità a contestare le donazioni. Le vertenze si alternarono agli atti di usurpazione tanto che il vescovo di Veroli dovette minacciare di scomunica chiunque pascolasse o cacciasse gli animali nella selva o abbattesse gli alberi per legna. Alla fine le comunità persero il ricorso e vennero private dall’uso collettivo del bosco che all’epoca, doveva essere largamente antropizzato. Oggi la selva mostra gli esiti di una riforestazione recente a pino nero ma nel suo complesso, rappresenta un grande valore per la protezione dei versanti montani dall’erosione. La tappa si conclude a Casamari, dove sorge l’imponente complesso dell' abbazia cistercense, fulcro politico e religioso del basso Lazio, dove i cistercensi hanno lavorato alacremente dissodando, coltivando e bonificando.
Mappa
Biodiversità
Percorrendo la tappa potrai scoprire le seguenti biodiversità